Obiettivo calcio

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giovedì 2 gennaio 2014

La Storia del Mondiale - 1930 Uruguay




Il ricordo di chi c'era
Osvaldo Heber Lorenzo è stato per tanti anni uno dei più importanti commentatori calcistici uruguaiani. Iniziò molto giovane nella redazione di "El Plata", quotidiano minore di Montevideo, per poi passare a "El Pais", il principale organo d'informazione presente in Uruguay. Lasciò poi il giornalismo scritto per quello parlato, trasferendosi alla radio nazionale, dalla quale commentò i più importanti avvenimenti dello sport mondiale con rigore, passione e competenza. Firmandosi "Hache Ele", soprannome che lo ha accompagnato per tutta la vita, per anni ha rappresentato un punto di riferimento per le nuove generazioni che desideravano imparare il mestiere di giornalista. Ai Mondiali del 1930 era presente in qualità di reporter. Ecco il suo ricordo scritto all'inizio degli Anni 90 per il Guerin Sportivo.

Uruguay, paese nato per il calcio

Nel 1929 la Fifa si riunì a congresso a Barcellona per decidere il luogo in cui sarebbe stato giocato il primo Campionato del Mondi di calcio. Jules Rimet, presidente dell'organismo reggente del football, chiamò a raccolta i delegati di ventitré paesi e fece mettere ai voti la decisione. Per aver vinto i due tornei olimpici del 1924 e del 1928, l'Uruguay avanzò la propria candidatura. 
Ebbene, il primo problema da risolvere fu quello di realizzare un impianto adeguato per mettere in scena cotanto evento, e ciò che più preoccupava era lo scarsissimo tempo a disposizione: solamente quattordici mesi, e anche qualcosa di meno.  Pertanto, era necessario agire con la massima rapidità per costruire uno scenario in linea con le esigenze. Il governo diede il proprio appoggio concedendo i terreni per l'edificazione dello stadio e nel giro di soli dodici mesi fu concepita e quindi fatta sorgere una meravigliosa opera sotto la guida dell'architetto Scasso. E ancor oggi, l'Estadio Centenario è uno dei più avanzati e pregevoli impianti del Sudamerica intero. Ricordo numerose polemiche apparse nei mesi precedenti il Mundial sulla stampa, in particolare sul quotidiano El Pais, riguardo i terreni sui quali si sarebbe dovuto costruire. Essi apparivano alquanto umidi nel sottosuolo, ma ciò veniva decisamente smentito dallo stesso architetto e dal suo aiutante, il signor Domatto. Avevano ragione loro: nessun tipo di problema è mai sorto, né allora né oggi, e i suoi progetti sono stati presi a modello per la costruzione di stadi pure all'estero.
Il primo Mondiale della storia si giocò a invito e le prime nazioni a essere interpellate furono Italia e Spagna, che contavano una colonia di immigrati davvero folta. Esse però rifiutarono e soltanto quattro fra le rappresentative europee decisero di venire in Uruguay. Come se fosse oggi, ricordo il giorno dell'inaugurazione del Centenario: si sarebbe giocata Uruguay-Perù. Ai cancelli si presentarono 71.000 persone, una folla enorme se si pensa che eravamo nel 1930. Quel giorno avrebbe potuto verificarsi una vera e propria catastrofe: alle entrate si ammassarono migliaia di tifosi entusiasti e desiderosi di assistere all'incontro. La struttura architettonica dello stadio e la sua possente capacità di ricezione del pubblico permisero comunque di far filare tutto liscio, senza danno alcuno. Ho ancora nelle orecchie il boato spaventoso che si alzò allo storico gol di Hector Castro, venuto dopo una lunga sofferenza. E come dimenticare la gioia sfrenata di Pablo Dorado, l'ala destra che proprio il giorno della finale compiva 18 anni, dopo la rete all'Argentina? Ricordo che Dorado non era più in sé e prese a urlare follemente finché non svenne. 
Al termine della gara decisiva, i sostenitori uruguagi e argentini festeggiarono insieme, con i "gauchos" a riconoscere cavallerescamente la superiorità degli "orientales". Tutto fu molto emozionante, la "calles" di Montevideo si riempirono di gente in festa, persone che stavano vivendo un'euforia che solamente il calcio può regalare. Da noi si dice che un uruguaiano a cui non piace il fútbol non è un vero uruguaiano: già allora era così. Bei tempi.


Nella foto, la formazione uruguaiana.

Il rifiuto dell'Europa

Il primo Mondiale fu caratterizzato dall'assenza di tutte le migliori formazioni del Vecchio Continente. Se per le quattro federazioni britanniche (Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord) il "no" fu da attribuire all'autoesclusione dalla Fifa per questioni ancorate al problema dilettantismo-professionismo, per le altre la rinuncia fu dettata principalmente dalla lontananza geografica del teatro della manifestazione e dai conseguenti, ingentissimi costi per un'eventuale spedizione oltreoceano. Italia, Austria, Cecoslovacchia, Svizzera, Ungheria, Spagna e Germania rimasero così a casa, privando la manifestazione di un enorme numero di sicuri protagonisti. Le prime cinque nazioni citate, negli anni precedenti, avevano dato vita alla "Svehla Pokal", ribattezzata in Italia Coppa Internazionale, una sorta di antenata dell'odierno Europeo. la prima edizione era stata appannaggio della nostra Nazionale, che l'aveva conquistata in uno stupendo pomeriggio di maggio a Budapest, travolgendo e umiliando gli ungheresi con un 5-0 firmato da una entusiasmante doppietta di Giuseppe Meazza. E, al pari del "Balilla", anche i vari Baloncieri, Schiavio, Rosetta e Caligaris avrebbero potuto recitare da primattori a Montevideo, così come avevano fatto due anni prima ad Amsterdam, quando nella semifinale olimpica erano usciti a testa alta dal confronto con i formidabili "orientales" (Uruguay) che ebbero la meglio per 3-2.
L'undici più potente della competizione, al di là del successo italiano nel torneo mitteleuropeo, era però con tutta probabilità l'Austria di Hugo Meisl. Prima giocatore, poi arbitro e quindi tecnico sopraffino, Meisl era riuscito ad assemblare una squadra meravigliosa sotto ogni punto di vista. Il soprannome con cui quell'undici passò alla storia, "Wunderteam" (coniato dopo uno spettacolare 6-0 rifilato alla Germania di fronte ai delegati Fifa di tutto il mondo), espresse al meglio la debordante personalità della compagine. Da "Cartavelina" Mathias Sindelar al "divo" Rudi Hiden, dal centromediano "Pepi" Smistik al "Kanonier" Toni Schall, un lunghissimo elenco di campioni con la C maiuscola venne a mancare l'appuntamento con l'iride. La stessa Ungheria non poté mettere in mostra i suoi terribili cannionieri: Ferenc Hirzer (quello che aveva imperato a suon di gol nel campionato italiano con la maglia della Juventus), Vilmos Kohut e Pal Tiktos. Medesima sorte per la Cecoslovacchia, con i vari Puc, Planicka, Silny e soprattutto con Karen Pesek "Kada", uno tra i più grandi centromediani che il mondo del football ricordi. Rimandarono tutto alla kermesse in terra italiana (quattro anni più tardi) anche i due fratelli svizzeri Max e André Abegglen, e il mitico portiere spagnolo Ricardo Zamora. Ma ritroveremo questa truppa di Campionissimi più avanti nel tempo.
Tra le formazioni che presero parte al Mondiale dovettero rinunciare due tra i più prolifici bomber dell'epoca: innanzitutto il mulatto brasiliano Arthur Friedenreich, davvero implacabile sotto porta, che fu vittima della scelta di campo tra cariocas e paulistas (dal 1912 al 1929 si era imposto per ben nove volte nella classifica marcatori del campionato di San Paolo, risultando ancora oggi - secondo stime non ufficiali - il primo "artilheiro" di ogni tempo con 1329 reti segnate. E poi Raymond Braine, stoccatore mancino belga del Beerschot Anversa, invischiato in una bega di professionismo per la quale venne squalificato dalla sua stessa federazione. Per tutta risposta, Braine lasciò squadra e paese, trasferendosi a Praga nelle file dello Slavia, dove segnò caterve di gol in una quindicina d'anni di carriera.
Ma il vero grande assente all'Estadio Centenario fu il confronto tra il "vecchio" e il "nuovo" calcio, ovvero fra il "metodo" e il "sistema". Ad eccezione dello United Kingdom, il resto del mondo impiegava ancora il modulo tattico derivato dalla primitiva piramide, con i due terzini in funzione di spazzini d'area, i mediani laterali sulle ali e il centr'half nella doppia veste di costruttore e distruttore del gioco. La rivoluzione tattica di Herbert Chapman e del suo Arsenal non aveva ancora attraversato lo stretto della Manica, e nessuno potrà mai dirci se la presenza dei bianchi maestri - con i vari Alec James e Dixie Dean - avrebbe riscritto di sana pianta una delle pagine più importanti del Grande Libro del calcio.

Cea, bomber uruguagio

Con 5 reti realizzate (una in meno dell'argentino Luis Stabile, vincitore della classifica marcatori), Pedro Cea (1900-1970) fu il bomber dell'Uruguay Campione del Mondo. Particolarmente dotato sotto il profilo atletico, fu l'unico a disputare tutte le gare nelle tre vittoriose spedizioni del '24, del '28 e del '30. Definito "el peon" (il lavoratore), sapeva supportare con dinamicità ogni azione offensiva della squadra. Cresciuto nel Club Lito, passò poi al Bella Vista e quindi ai Tricolores del Nacional con cui fu campione nazionale nel 1934. Vinse anche il Campionato Sudamericano nel 1923 e nel 1924. 

I RISULTATI

Quarti di finale

Gruppo 1
Francia-Messico 4-1
19' L. Laurent (F), 40' Langiller (F), 42' Maschinot (F), 70' Carreño (M), 87' Maschinot (F)
Argentina-Francia 1-0
81' Monti
Cile-Messico 3-0
4' e 50' Subiabre, 64' Vidal
Cile-Francia 1-0
64' Subiabre
Argentina-Messico 6-3
8' Stabile (A), 10' Zumelzu (A), 17' Stabile (A), 38' M. Rosas (M) rig., 53' Varallo (A), 55' Zumelzu (A), 65' M. Rosas (M), 75' Gayon (M), 80' Stabile (A)
Argentina-Cile 3-1
12' e 14' Stabile (A), 16' Subiabre (C), 51' M. Evaristo (A)
Classifica: Argentina 6; Cile 4; Francia 2; Messico 0.

Gruppo 2
Jugoslavia-Brasile 2-1
21' Tirnanic (J), 31' Bek (J), 62' Nilo (B)
Jugoslavia-Bolivia 4-0
60' Bek, 65' Marjanovic, 67' Bek, 85' Vujadinovic
Brasile-Bolivia 4-0
37' Moderato, 57' Preguinho, 73' Moderato, 83' Preguinho
Classifica: Jugoslavia 4; Brasile 2; Bolivia 0.

Gruppo 3
Romania-Perù 3-1
1' Stanciu (R), 30' Souza (P), 35' Stanciu (R), 80' Barbu (R)
Uruguay-Perù 1-0
60' Castro
Uruguay-Romania 4-0
6' Dorado, 24' Scarone, 30' Anselmo, 35' Cea
Classifica: Uruguay 4; Romania 2; Perù 0.

Gruppo 4
Stati Uniti-Belgio 3-0
10' McGhee, 15' Florie, 48' Brown
Stati Uniti-Paraguay 3-0
10' Patenaude (S), 15' Gonzalez (P) aut., 50' Patenaude
Paraguay-Belgio 1-0
40' Benitez Caceres
Classifica: Stati Uniti 4; Paraguay 2; Belgio 0.

Semifinali

Argentina-Stati Uniti 6-1
20' Monti (A), 56' Peucelle (A), 69' Stabile (A), 80' e 85' Peucelle (A), 87' Stabile (A), 88' Brown (S)
Uruguay-Jugoslavia 6-1
4' Sekulic (J), 18' Cea (U), 20' e 31' Anselmo (U), 61' Iriarte (U), 67' e 72' Cea (U)

Finale 


Nella foto, i due capitani prima dell'inizio della finale.


Uruguay-Argentina 4-2
Uruguay: Ballestrero, Nasazzi, Mascheroni, Andrade, Fernandez, Gestido, Dorado, Scarone, Castro, Cea, Iriarte.
Argentina: Botasso, Della Torre, Paternoster, J. Evaristo, Monti, Suarez, Peucelle, Varallo, Stabile, M. Ferreyra, M. Evaristo.
Arbitro: Langenus (Belgio). 
Reti: 12' Dorado (U), 20' Peucelle (A), 37' Stabile (A), 57' Cea (U), 68' Iriarte (U), 89' Castro (U)



Nelle foto: la gioia a fine partita dell'Uruguay e il team Campione del Mondo.

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