Obiettivo calcio

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giovedì 20 marzo 2014

La crisi del calcio italiano nell'analisi del maestro Mura

Inutile piangersi addosso. La crisi del calcio italiano è sotto gli occhi di tutti. Gianni Mura, maestro del giornalismo sportivo italiano, prova a spiegarci perché ci siamo ridotti così e come se ne può uscire. Il tifoso legge, il dirigente dovrebbe prendere appunti e provare ad agire di conseguenza.   
Sarà l'approssimarsi del mondiale, sarà che la pazienza è agli sgoccioli, sarà il successo del film di Sorrentino, fatto sta che in tanti si sono accorti della povertà media del gioco del calcio in Italia. Media perché qualcosa da salvare c'è: la Juve-rullo (non sempre), la Roma (spesso), la Fiorentina finché non è rimasta senza attacco, qualche sprazzo del Parma, del Torino (non di recente), della Samp (da quando c'è Mihajlovic), dell'Udinese. Ma il salvabile è sempre troppo poco, rispetto a quel che c'è da buttare. Ormai, ingozzati di bruttezza, ci basta una bella azione rasoterra o un tiro nel sette per sentirci sazi.
PAZZINI FESTEGGIA IN MILAN LAZIOPAZZINI FESTEGGIA IN MILAN LAZIOIL MILAN BATTE IL BARCELLONA jpegIL MILAN BATTE IL BARCELLONA JPEG
Il 38% di italiani che gioca in A è una campana a martello per Prandelli, che sinceramente non è da invidiare. Ma il livello del gioco riguarda tutti: chi lo organizza e chi lo paga, chi lo gioca e chi lo guarda. La cosa più grave non è che siamo fermi, è che siamo tornati indietro, e non può dipendere solo dal massiccio arrivo di stranieri. Dalla qualità, semmai.
C'è stato un tempo non lontano in cui anche le squadre di provincia avevano autentici campioni: l'Udinese Edinho e Zico, il Cagliari Francescoli e Fonseca, il Pescara Junior e Sliskovic. Oggi molte squadre, le milanesi in particolare, sono imbottite di stranieri di discutibile livello. Perché si gioca male? Tentativo di risposta per punti.
atalanta interATALANTA INTER
1. La crisi economica incoraggia il partito dei piccoli passi. Non possiamo permetterci Messi o CR7. Giusto. Allora, tanto varrebbe lavorare meglio sui vivai e costruirsi il buon giocatore in casa, come sempre s'è fatto fino agli anni ‘90. Questo vale per giovani italiani e stranieri.
2. Gli allenatori di A e B sono in perenne discussione, bastano due o tre risultati storti per far traballare una panchina. Da qui una scarsissima voglia di rischiare, da qui un atteggiamento tattico che mira più a bloccare il gioco altrui che a imporre il proprio. Da qui un infoltimento di centrocampo e difesa, la solita tonnara, sperando nel contropiede buono. Il catenaccio, scacciato dalla porta, è rientrato dalla finestra. Si gioca, anche tra squadre di pari rango, per beccare un gol in meno e non per farne uno in più. Il catenaccio, bisogna anche saperlo fare. Quanti contropiede in superiorità numerica abbiamo visto sfumare per imprecisione nell'ultimo passaggio?
Roma - Calcio - vittoria giallorossaROMA - CALCIO - VITTORIA GIALLOROSSA
3. Il calendario troppo fitto rende praticamente impossibile un serio allenamento. In compenso, le rose molto più vaste dovrebbero suggerire un'alternanza forte, ma poi finisce che giocano sempre gli stessi, con pochi ritocchi. E così coi primi caldi ci sono giocatori già bolliti e altri freschissimi, perché poco usati. Questo vale per le squadre impegnate in Europa. Le altre non hanno giustificazioni.
4. È tramontata la figura dell'allenatore-maestro (come Liedholm, come Bagnoli). Oggi è un gestore di risorse umane, non ha tempo né voglia di insegnare, anche i fondamentali se occorre, a ragazzi che si presentano (e sono stolidamente retribuiti) come fossero già "imparati".
5. Spagna-Italia non è stata solo una lezione di tecnica, ma di velocità e di condizione atletica. Di ritmo, in una parola sola, che in Italia molte squadre abbassano e poi, fuori d'Italia, non sanno reggere. Strano, in un periodo in cui tutto s'è sacrificato al muscolo, a partire dalla tecnica e della leggerezza. Strano ma vero.
NAPOLI ROMA CALLEJONNAPOLI ROMA CALLEJON
6. Il clima. Il nostro continua a essere cupo, in stadi semideserti che non invogliano a grandi recite. Ma dove sono i grandi interpreti? Il nostro è il calcio delle puncicate, dei bomboni, dei cori razzisti o antisemiti, delle simulazioni, degli abbracci o dei cazzotti in area. È un calcio che ignora il concetto di festa, di allegria. La bellezza gli è estranea. Oppure è liquidata come merce per gonzi, per sognatori.
7. La bellezza non è necessariamente un colpo di tacco, un gol a palombella o con una botta da 30 metri, o due dribbling di fila. È nel coraggio, nella lotta, nella dignità, nella lealtà, nella fantasia, nell'armonia della manovra, nella sorpresa di un gesto. Ma è, alla base, nel saper fare il proprio mestiere. Saper cosa fare di un pallone tra i piedi.
8. Le pay, che esaltano lo spettacolo anche quando non c'è, sono un boomerang. Aprono finestre su altri campionati. Scopriamo che si gioca meglio altrove. Notiamo un altro modo di giocare, altro pubblico, altro spirito. Eppure i procuratori hanno potere anche lì, anche lì nessuno gioca per perdere e conta il risultato. Qui si sente molto parlare di filosofia e di progetti, ma si fatica a vederne l'ombra. Ci vuole tempo. C'è tempo?
9. Si parla molto di nuovi stadi, ma se gli attori non sanno recitare restano guitti anche nel miglior teatro del mondo. Al di là della partita giocata, il calcio in Italia è moviola, arbitri, aiutini e aiutoni, insulti, permalosità. Ognuno guardi in casa sua e di quella al massimo parli. Così non circolano idee, si resta nella palude della banalità. Che si discuta di bellezza è già qualcosa. Non so quanto durerà l'eventuale dibattito. Poco, penso. E comunque la tessera di aderente al gruppo dei mendicanti di bellezza (la definizione è di Eduardo Galeano) me la tengo stretta.
Articolo che Dagospia ha ripreso da Repubblica 

martedì 4 marzo 2014

Viareggio Cup Story - 10a puntata (1996-2000)



1996 – BRESCIA

Trionfa il sano vivaio autoctono di provincia. Perché in finale non c'è solo il Brescia vincitore dei vari Baronio, Diana, Pirlo, Bonazzoli e Campolonghi (e del demiurgo Adriano Cadregari), ma anche il Parma di Buffon (strepitoso), Arioli e Barone. Roba per palati fini. Alla fine risulta però decisiva la classe operaia di Stefano Bono, che all'epoca alternava il calcio al lavoro in fabbrica e che si è ritagliato un'onesta carriera in C. Perfino il Trap lo elogia: “Oggi gli allenatori cercano giocatori così”. Completa la mazurka di periferia il Cesena, rivelazione del torneo che si ferma in semifinale. Il meglio arriva dai difensori esterni: a destra, Gianluca Zanetti (implacabile in marcatura e dotato di tiro potente dalla distanza); a sinistra, Juri Tamburini, fluidificante inarrestabile. Piace anche l'Atalanta dell'eclettico Morfeo e dei gemelli Zenoni.

Brescia-Parma 3-1
Brescia: Rigamonti, Diana, Forlani, Baronio, Archetti, Borra, Bono (43' st Maffeis), Faini, Bernardi (33' st Pirlo), Tagliani, Campolonghi.
Parma: Buffon (43' st Monica), Scipioni, Pinton, Manzani, Maccini, Bolla, Magnani, Arioli (26' st Zannoni), Triuzzi, Barone, Piro (45' pt Cardinale).
Arbitro: Trentalange di Torino.
Reti: 21' pt Bono (B), 45' Campolonghi (B); 13' st Triuzzi (P), 20' Baronio (B).

1997 – BARI

Altro scatto degli organizzatori, le squadre passano da 24 a 32. Ma l'allargamento ha effetti talvolta devastanti per le casse (e la credibilità internazionale) della Coppa Carnevale. Succede così che il Viareggio (dove gioca Davide, figlio di Marcello Lippi) elimina già nella fase eliminatoria la Fiorentina per la miglior differenza-reti. Fuori pure Manchester Utd (dove gioca Phil Neville), Ajax, Werder Brema, Borussia Dortmund ed Espanyol, con tanti saluti a cotanto pedigree. Si sfiora il ridicolo con la presunta fuga d'amore del ghanese Kwaitoo, terzo portiere dei Goldfields. Nel frattempo il trofeo prende la strada del Sud, 22 dopo il successo del Napoli. La spunta il Bari di Nicola Legrottaglie che in finale supera di misura un Torino di qualità superiore, vedi la presenza di Sommese (migior giocatore del torneo, Di Donato e, soprattutto, Pellissier). Match-winner, Antonio Bellavista, finito purtroppo nelle cronache giudiziarie dell'ultimo calcioscommesse.

Bari-Torino 1-0
Bari: Rossi, Lepri, Paris (31' pt Minciotti), Sibilano, Legrottaglie, Macera, Chisena, Bellavista, Campo (27' st Miano), Cardascio, Giometti (46' st Bianco).
Torino: Paoletti, Mercuri, Malagò (28' st Varano), Lo Gatto, Longo, Corallo, Sommese (21' st Tiribocchi), Di Donato, Bernardi, Grauso (14' st Andreotti), Pellissier.
Arbitro: Bazzoli di Merano.
Rete: 13' st Bellavista.

1998 – TORINO

Due testimonial d'eccezione alla cerimonia d'apertura: Pippo Inzaghi, che legge il giuramento, e Andrea Bocelli. Nota stonata, invece, l'assenza di Michel Platini che non si presenta a ritirare il Premio “Scirea” assegnatogli dal comitato organizzatore. Torneo dominato dal Torino di Claudio Sala che chiude imbattuto (cinque vittorie in sette incontri), forte di ragazzi dall'avvenire assicurato come Comotto, Mercuri, Semioli, Alessi, Tiribocchi e Pellisier. Dopo 16 anni torna in finale una formazione straniera: ma l'Irineu è davvero poca cosa e se arriva in fondo è anche grazie ad alcuni svarioni degli avversari, non ultimo quello del Manchester Utd che nel girone eliminatorio perde a tavolino proprio contro i brasiliani (battuti sul campo 1-0) per aver schierato diversi giocatori senza i necessari documenti di riconoscimento. Nell'Irineu si segnala però un attaccante veloce e con fiuto del gol, Esquerdinha, che verrà in seguito acquistato dal Lecce.

Torino-Irineu 2-0
Torino: Paoletti, Comotto, Corallo, Lazzeri, Mercuri, Caponi, Semioli, Grotto, Alessi (39' st Negro), Tiribocchi (43' st Friso), Pellissier (40' st Bisesi).
Irineu: Roberto, Cris, Elias, Garuva, Donizete (38' st De Rosa), Kei, Ceara, Betinho, Marcelinho (6' st Ramirez Coelho), Esquerdinha, Ozinei.
Arbitro: Ceccarini di Livorno.
Reti: 31' st Alessi rig., 36' Pellissier.

1999 – MILAN

Che fosse l'anno del Milan (che non centrava il successo al Viareggio dal 1960), lo si era intuito già nella partita inaugurale della Coppa Carnevale, vinta proprio dai rossoneri per 4-0 contro il Bayern Monaco, con gol-lampo (record assoluto) dopo 15” di Aliyu, che pochi giorni prima aveva debuttato in Serie A a Bologna. Per la squadra di Tassotti, messa in difficoltà solo dal Parma del bomber Kader (con 6 reti capocannoniere del torneo) nel girone eliminatorio, è un crescendo implacabile. Fra le sue vittime anche l'ottima Lazio (dove si segnala il portiere Concetti, miglior numero uno della manifestazione), sconfitta in semifinale con gol di Florean. L'ultimo ostacolo, il sorprendente Varteks (chiamato all'ultimo momento al posto della Stella Rossa di Belgrado), presenta qualche insidia per via delle numerose assenze (Vitali, Nicoletti, Florean e Contini squalificati, più Rossetti infortunato) che indeboliscono il Milan. Croati vicini al gol con Posavec (traversa su punizione a due in area), poi la girata decisiva di Agazzone. Per la gioia del presidente Berlusconi.
Milan-Varteks 1-0
Milan: Passoni, Cavaliere, Bonomi, Rinaldini, Beloufa, Ferri, Agazzone, Furlanetto, Gasparetto, Budel, Aliyu (5' st Panno).
Varteks: Sokac, Klemencic, Tukser, Cikovic (24' st Obadic), Sklepic, Skpak, Cingel (23' pt Vitkovic), Safaric, Horvat, Posavec, Grabant.
Arbitro: Treossi di Forlì.
Rete: 30' st Agazzone.

2000 – EMPOLI

Le squadre partecipanti salgono a quaranta, di cui quattordici all'esordio assoluto. Rubano l'occhio diversi ragazzi di talento: Tavano e Moretti della Fiorentina; Maresca, Gasbarroni e Sculli della Juventus; Paolo Cannavaro del Parma; Amelia, Blasi e D'Agostino della Roma; Pinzi e Berrettoni della Lazio. Mentre il Bari, dagli ottavi, cala l'asso-Cassano: ma è proprio un errore dal dischetto di FantAntonio, nei quarti persi ai rigori contro la Fiorentina, a fermare la corsa dei pugliesi. Chiude terzo il Campinas, club brasiliano presieduto da Antonio Careca, dove s'impone l'attaccante Jeda che farà poi carriera in Italia (oggi è al Novara). Zitto zitto, arriva in fondo l'Empoli del bravo Luca Cecconi, dopo essere entrato negli ottavi ripescato fra le migliori seconde. Ha il miglior attacco del torneo (Porro, con sei reti, risulta il capocannoniere), prospetti di valore (vedi Marchionni, Cribari, Capuano, Moro e Del Nero), ma nel derby-finale con la Fiorentina pesa la direzione poco lucida di Cesari.

Empoli-Fiorentina 2-1
Empoli: Tommei, Moro, Capuano, Volpe, Bonatti, Cribari, Del Nero (34' st Coppola), Tancik, Marchionni (42' st Belluomini), Fusi, Porro (46' st Mastronunzio).
Fiorentina: Passarini, Musso, Moretti, Sorbino (14' st Vakuftsis), Fedeli, Collacchioni, Pagliuca, Guerri (42' st Belluomini), Tavano, Bonora, Taddei.
Arbitro: Cesari di Genova.
Reti: 7' pt Porro (E) rig., 27' Tavano (F); 3' st Tancik (E).