Obiettivo calcio

Obiettivo calcio

lunedì 30 settembre 2013

Più Campedelli e meno Balotelli


Siamo italiani. Sospettosi per natura. Anche e soprattutto nello sport. Il bel gesto di Campedelli, che dopo il clamoroso errore del gol annullato a Paloschi è andato a tranquillizzare il guardalinee dicendo che son cose che possono capitare? Furbetto, l’Harry Potter veronese. Le solite malelingue non hanno perso tempo: ma quale sportività, il presidente del Chievo l’ha fatto solo per ingraziarsi i vertici di Lega e Aia. Così, alla prossima spintarella in area di rigore, vedrai che un rigorino o due glielo regalano. E persa la partita con la Juve (sconfitta, diciamo così, che sulla carta ci poteva stare), magari ne va a vincere due contro avversarie dirette, fra quelle che stazionano nella parte destra della classifica. Punti che valgono doppio, quindi.
Vediamo fantasmi dappertutto. Perfino di fronte a un atteggiamento che meritebbe molto di più della bolsa retorica con cui è stato (falsamente) apprezzato. Sì, falsamente. Perché il buonismo (purtroppo) non paga. Vecchia regola giornalistica. Una “buona” notizia tira molto meno del “mostro” sbattuto in apertura. Basta dare un’occhiata alle intere paginate dedicate a Balotelli. Vuoi mettere gli scazzi del Mario, solo soletto contro il mondo che non lo capisce, rispetto alla pacca sulla spalla dello sbandieratore “cecato”?
Invece no. Ben vengano i Campedelli che mai andranno in copertina (ve l’immaginate quella del Gs dedicata all’aplomb di Mister Paluani? Flop garantito, per le ormai imprescindibili leggi del marketing…). E proviamo a seguire questi esempi sui campi e sulle tribune di una Scuola Calcio. Più Campedelli e meno Balotelli. Più Campedelli fra i mister (quelli che “conta solo al risultato”), fra i dirigenti (quelli che “selezioniamo solo dal metro e ottanta in su”), fra i genitori (quelli che “abbiamo perso per colpa dell’arbitro”. E meno Balotelli fra i ragazzi (quelli che “il calcione rifilato all’avversario???? ma se non non l’ho neppure sfiorato” oppure “e che dovevo fare? era dell’inizio che mi provocava”.
Sia detto con tutta la simpatia (autentica, da parte mia) per Mariolone nostro. Che forse, speriamo, ci regalerà qualche magica notte Mondiale. E che (quasi) sicuramente ritroverò nella cameretta di mio figlio. Appeso a una parete, con il suo faccione perennemente incazzato che mi osserva. D’altronde, mica posso pretendere che Giacomino attacchi sopra al letto il poster di Campedelli…

mercoledì 25 settembre 2013

Siamo sicuri che sia solo Balotelli il problema?



Scene di "straordinaria" follia da un campo di calcio abruzzese. Campionato di Eccellenza, Alba Adriatica-San Salvo. Si chiede a Balotelli (e non solo) di avere atteggiamenti da campione, dentro e fuori dal campo. Ma siamo sicuri che il vero problema sia lui? E che proprio Balotelli non sia soltanto una delle tante sfaccettature degenerate di una società allo sbando? Queste immagini devono farci riflettere e servire da spunto per agire in fretta.
Giorni fa, nel più grande e noto parco pubblico di Bologna (i Giardini Margherita), centinaia di giovani, dopo essersi dati appuntamento via web, se le sono date di santa ragione in nome di una presunta appartenenza di "censo": Bologna-bene da una parte, Bologna-feccia dall'altra. E i soliti moralisti sono subito partiti a caccia dei colpevoli (famiglia? scuola? politici?). Questo filmato purtroppo conferma che i cattivi maestri sono dappertutto. E il guaio è che si fa poco o niente per fermarli...
 

giovedì 19 settembre 2013

Discoteca gestisce il settore giovanile del Rimini: è polemica

Dal Corriere della Sera - edizione di Bologna

BOLOGNA - La discoteca e le giovanili. Per questo a Rimini è scoppiato un caso. La nuova partnership che il Rimini Calcio ha avviato con la discoteca Cocoricò e il parco acquatico Aquafan per la gestione del settore giovanile biancorosso ha fatto infuriare la politica locale. Da pochi giorni infatti il vivaio riminese ha come nuovo presidente Fabrizio De Meis, romano (con un’esperienza passata nel calcio capitolino) e direttore artistico della discoteca di Riccione, attualmente chiusa per ordine della Questura di Rimini dopo una serie di riscontri riguardanti episodi di spaccio avvenuti nel locale e nel parcheggio. E ora l’abbinamento tra il vivaio romagnolo e la storica discoteca ha fatto storcere il naso soprattutto al presidente della Provincia di Rimini Stefano Vitali: «Come genitore, resto stranito da questa operazione, visto che si tratta di una discoteca che nel tempo ha fatto parlare molto di sé: il locale viene associato a qualcosa negativo e metterlo in relazione alle giovanili del Rimini mi pare azzardato».
CONTESTAZIONE – La presa di posizione del presidente provinciale ha portato prima a un durissimo comunicato apparso sul sito del Rimini Calcio («Il degrado sociale della Provincia di Rimini non è solo all’interno del Cocoricò, se mai ce ne fosse, ma nei quartieri, nelle zone di degrado sociale, nelle vicinanze di scuole e università») successivamente rimosso in prima persona dal presidente riminese Biagio Amati con tanto di scuse («non rientra nel nostro stile, non siamo contro le istituzioni») e poi alla contestazione della curva romagnola al presidente Vitali. «Hanno offeso mia madre – spiega il numero uno della Provincia – ma la cosa che mi pare più grave è la discussione che è seguita alla mie considerazioni sulla questione: sembra che questa partnership sia un problema solo per me, così passa il messaggio che per salvare il calcio si può fare tutto, che lo sport non ha regole e che “pecunia non olet”. Io posso anche pensare che questa nuova avventura possa diventare uno strumento positivo, visto che la riviera riminese è cresciuta anche grazie alle discoteche, ma andava comunicata con altri tempi e in altri modi».
SODDISFAZIONE – Biagio Amati, presidente del Rimini (ne ha acquistato il marchio nel 2010 dopo la sparizione dei romagnoli dal calcio professionistico), conferma l’accordo con De Meis: «Il progetto va avanti, il nostro settore giovanile è a posto e con questa partnership intendiamo rafforzarlo. Dopo che tante aziende si sono allontanate dal Rimini, trovare qualcuno come De Meis che propone un progetto senza chiedermi nulla è una rarità: tiene ai giovani, proprio come me. Parlerò con il presidente della Provincia e sono convinto che capirà anche lui la bontà del progetto». Le aziende impegnate metteranno a disposizione un budget per retribuire lo staff e più in generale ci saranno le risorse (non sempre facili da trovare, in tempi di crisi) per magliette, campi e trasferte, fino al finanziamento della scuola calcio per i bambini di 5-6 anni. Insomma, una boccata d’ossigeno per i baby calciatori riminesi, sperando poi che il pallone insegni loro sani valori.
Alessandro Mossini

I falsi moralismi non mi sono mai piaciuti. In un momento di grande crisi economica come questa, in cui anche lo sport fatica a trovare risorse per promuovere la pratica, soprattutto fra i giovani, non si può gettare la croce addosso a chi si offre (con aiuti concreti, leggi denaro) di portare avanti qualcosa solo per il lavoro che fa o per il contesto in cui opera.
È però certo che le mani del Cocoricò sul vivaio del Rimini Calcio non sono un buon segnale per la società in generale. Che fine hanno fatto in questa vicenda esperienze e competenze specifiche nel settore? Gestire il settore giovanile di un club calcistico è diverso dal portare avanti una discoteca. Coordinare il lavoro di un istruttore/allenatore è assai differente dal dirigere un dj, un barista, una cubista o un buttafuori. Senza poi dimenticare, nel caso specifico, che negli ultimi tempi dal Cocoricò non sono giunti messaggi così positivi, dati gli episodi (spaccio e violenze fisiche) in cui è stato coinvolto e per i quali ha pagato anche con la chiusura temporanea dell'esercizio.
Davvero i soldi, pochi o molti che siano, possono far passare tutto in cavalleria? E con quale stato d'animo una famiglia può affidare il proprio figlio a persone fino a ieri estranee al mondo del calcio? L'episodio merita una riflessione. Serena, ripeto. Perché i processi sommari non servono a nessuno. Men che meno quando si parla della formazione dei nostri giovani.
Gianluca Grassi 

giovedì 12 settembre 2013

Le (prevedibili) difficoltà della nostra Under 21



Adesso tutti a dire che Di Biagio magari non sarà all’altezza. Che l’emozione del debutto gli ha annebbiato le idee (in effetti, certe scelte sono apparse quantomeno incaute). O che, in un Paese dove una scappaioia la si trova sempre (ad esempio, per non pagare le tasse), qualche ragazzino un po’ indisciplinato (leggi Berardi) lo si poteva convocare lo stesso, anziché lasciarlo a casa in punizione. Giratela come volete. La verità, però, l’abbiamo davanti agli occhi. Ed è venuta a galla da tempo. Il Belgio, un buon Belgio fra l’altro, l’ha solo resa più evidente. Ci siamo forse dimenticati come, appena sei mesi fa, l’Anderlecht aveva strapazzato il Milan nella finale della Viareggio Cup? Ah, già. In mezzo siamo diventati vicecampioni d’Europa Under 21 e Under 17. Ovvero, passato prossimo (Under 21) e futuro (Under 17).
E il presente? Buio assoluto. Non potrebbe essere altrimenti, a fronte di una Serie A sempre più straniera: nella prima giornata di campionato il 56,11 per cento dei giocatori utilizzati veniva dall’estero. Risale addirittura al 30 marzo 2008 l’ultima partita di A (Empoli-Sampdoria) con 22 italiani in campo titolari (fonte La Stampa). Rose raddoppiate grazie (????) agli improvvidi scafisti del pallone che ogni estate riversano negli stadi italiani presunti talenti in cerca di gloria. Sta per uscire il nostro Calcio Italia: sfogliatelo, leggetelo e alla terza tabella la lingua vi si sarà attorcigliata e un nauseabondo senso di smarrimento vi salirà dallo stomaco. Nomi e cognomi impronunciabili, provenienze esotiche, curriculum insignificanti. Ergo, dove speriamo di andare?
Dove speriamo di andare con questi quattro ragazzi di buona volontà che a Rieti si sono persi davanti a una sfida sproporzionata al loro (misero) valore e alla loro (ridotta) esperienza? Dove speriamo di andare quando un Walem qualunque ti butta dentro l’immarcabile Ferreira-Carrasco, che Ranieri sta valorizzando nel Monaco, e tu gli rispondi gettando nella mischia gente come Di Lorenzo e Liviero, classe 1993, appena sbarcati in B dopo un onesto (nulla più) campionato di Prima Divisione (Di Lorenzo al Cuneo e Liviero al Perugia)? E ringraziare che i nostri ragazzi, bene o male, trovano modo di giocare in terza serie (sulla cui qualità tecnica, però, la Lega di Firenze farebbe bene a farsi un esame di coscienza). E che qualcuno, come l’interessante Battocchio (scuola Udinese), prende la valigia e va a farsi le ossa oltr’Alpe.
Ma lei, caro Tommasi, è sempre convinto della bontà di scioperare contro l’unica categoria dove i (giovani) giocatori italiani hanno un minimo di spazio, seppur a fronte di (discutibili) imposizioni regolamentari? Niente da dire, come Associazione Calciatori, davanti all’incolore prestazione dell’Under? Come non sorridere, poi, di fronte alla grande idea (per fortuna abortita) di riservare il campionato Primavera alle sole società di Serie A. Caspita, non devono averci dormito sopra per qualche notte, fra via Allegri e via Rosellini. È così che risolviamo i problemi del nostro calcio? E il famoso lavoro di scouting del Club Italia? Il coordinatore Arrigo Sacchi, con buone ragioni, punta il dito contro i club: vorremmo però capire se per caso non ci sia qualcosa da rivedere anche nell’attività dell’entourage azzurro.
Così è, se vi pare. Ma a noi, comuni appassionati, pare proprio che non vada. Con Cipro ci siamo presi (non senza sofferenza) un brodino ristoratore. Però fra un mese, in Belgio, la strada tornerà a salire. In ballo non c’è solo la qualificazione alla fase finale europea del 2015, ma addirittura quella alle Olimpiadi 2016 in Brasile. Pretendere che si lavori al meglio, è il minimo.