I voti del Gs al gruppo che ha portato la Lazio alla meritata conquista del suo quinto scudetto Primavera. E che offre al presidente Lotito qualche valida proposta in chiave prima squadra.
Strakosha 7,5 – Parte male (doppia incertezza in avvio contro il Torino su calcio d’angolo), poi abbassa la saracinesca e nella semifinale contro il Chievo (anche con l’aiuto dei pali) risulta decisivo. Paratona su Cais in finale nell’unica vera palla-gol avuta da bergamaschi.
Pollace 6,5 – Applicazione diligente, poche sbavature, parecchia sostanza. Intraprendente con il Toro, quando va spesso a sovrapporsi ad Antic, più sulle sue davanti alle veloci sortite clivensi. Trema ma non crolla. Prova di maturità.
Vilkaitis 7 – Con lui al centro della difesa biancoceleste, gli attaccanti faticano a banchettare. Solido, grintoso, carismatico. Registra l’intero reparto, trasmette sicurezza ai compagni, è sempre sul pezzo. Inaffondabile.
Serpieri 7 – Vedi sopra. Si completa alla perfezione con il lituano. Risoluto, attento, pulito ed efficace. Gioca in modo semplice ed è quello che si chiede a un difensore.
Filippini 6,5 – Avvio diesel, esce alla distanza e dà il meglio nella finalissima, quando evita di finire nella morsa della catena di destra bergamasca composta da Conti e Gagliardini. Anzi, è lui a spingere costringendoli a rinculare.
Antic 6,5 – Alza bandiera bianca soltanto davanti a un infortunio che ne limita l’impiego in finale. Più quantità che qualità, però rispetta le consegne e offre il contributo da combattente che gli chiede Bollini.
Falasca 7 – È il punto di riferimento in mezzo al campo e non tradisce le attese. Filtra e riparte senza concedersi pause, alterna giocate di fino a tackle robusti che spezzano sul nascere le trame avversarie. Collante preziosissimo.
Crecco 6,5 - Salta la finale per infortunio. Nelle prime due partite (Torino e Chievo) fa il suo senza demeritare. Interpreta la doppia fase con grande disinvoltura e questo consente alla squadra di mantenere le giuste distanze tra i reparti.
De Francesco 6 – Il ko di Antic gli regala la ribalta della finale. E lui sfrutta al meglio l’occasione, mettendoci voglia e intraprendenza. Averne, di seconde linee così.
Cataldi 9 – Un incubo, per l’Atalanta. Ma già prima si era capito che Bollini aveva visto giusto nell’inserirlo lì, fra le linee, nelle vesti del guastatore che non dà punti di riferimento. Missione che il ragazzo porta a termine con straordinario puntiglio. Il Premio Morosini, che riceve come miglior giocatore della Final Eight, è la logica conseguenza della sua prestazione super.
Lombardi 6,5 – Decide il quarto di finale contro il Torino con un guizzo provvidenziale, ridando coraggio a una squadra che, una volta perso per noie muscolari il leader offensivo Rozzi, stava facendo fatica a trovarsi. Una sola apparizione, ma determinante.
Vivacqua 7 – Dignitoso rilievo di Rozzi contro il Torino, altri 20′ a lottare e tamponare contro il Chievo, poi Bollini se lo gioca da “finto nueve” con l’Atalanta e il calabrese risponde presente. Infilandosi fra Keita e Tounkara per creare superiorità numerica e produrre imbarazzi nella difesa atalantina. Rivelazione.
Keita 8 – E se il Barça avesse sbagliato a disfarsi di questo mocciosetto? Indolente e irriverente, di sicuro non facile da gestire (chiederemo all’amico Bollini), ma ogni suo movimento è pura poesia. Immarcabile, quando parte palla al piede cambiando passo. Davanti alla porta sbaglia l’inimmaginabile, ma a 18 anni qualche peccato di gioventù glielo si può perdonare, che dite?
Tounkara 7 – Un anno in meno (è del 96) del compagno, deve ancora sbocciare compiutamente. Però è giocatore e si farà. Il talento non gli fa certo difetto, la determinazione sotto porta neppure. È fra i protagonisti assoluti della finale.
Bollini 9 (allenatore) – Secondo scudetto Primavera in biancoceleste. Premio meritato alla passione, alla competenza, alla pervicacia con cui lavora sul campo. Di lui si sente spesso dire, quasi fosse una colpa, che non ha finora avuto molta fortuna nei professionisti. Noi ricordiamo allora un vecchio adagio del “guru” Vatta: «Nel settore giovanile dovrebbero allenare i tecnici migliori e non quelli che usano i giovani solo come banco di prova per poi conquistare la ribalta professionistica». Ecco perché Alberto Bollini allena (e vince) nel vivaio. Perché è fra i migliori.
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