BOLOGNA - La discoteca e le giovanili. Per questo a Rimini è scoppiato un caso. La nuova partnership che il Rimini Calcio ha avviato con la discoteca Cocoricò e il parco acquatico Aquafan per la gestione del settore giovanile biancorosso ha fatto infuriare la politica locale. Da pochi giorni infatti il vivaio riminese ha come nuovo presidente Fabrizio De Meis, romano (con un’esperienza passata nel calcio capitolino) e direttore artistico della discoteca di Riccione, attualmente chiusa per ordine della Questura di Rimini dopo una serie di riscontri riguardanti episodi di spaccio avvenuti nel locale e nel parcheggio. E ora l’abbinamento tra il vivaio romagnolo e la storica discoteca ha fatto storcere il naso soprattutto al presidente della Provincia di Rimini Stefano Vitali: «Come genitore, resto stranito da questa operazione, visto che si tratta di una discoteca che nel tempo ha fatto parlare molto di sé: il locale viene associato a qualcosa negativo e metterlo in relazione alle giovanili del Rimini mi pare azzardato».
SODDISFAZIONE – Biagio Amati, presidente del Rimini (ne ha acquistato il marchio nel 2010 dopo la sparizione dei romagnoli dal calcio professionistico), conferma l’accordo con De Meis: «Il progetto va avanti, il nostro settore giovanile è a posto e con questa partnership intendiamo rafforzarlo. Dopo che tante aziende si sono allontanate dal Rimini, trovare qualcuno come De Meis che propone un progetto senza chiedermi nulla è una rarità: tiene ai giovani, proprio come me. Parlerò con il presidente della Provincia e sono convinto che capirà anche lui la bontà del progetto». Le aziende impegnate metteranno a disposizione un budget per retribuire lo staff e più in generale ci saranno le risorse (non sempre facili da trovare, in tempi di crisi) per magliette, campi e trasferte, fino al finanziamento della scuola calcio per i bambini di 5-6 anni. Insomma, una boccata d’ossigeno per i baby calciatori riminesi, sperando poi che il pallone insegni loro sani valori.
Alessandro Mossini
I falsi moralismi non mi sono mai piaciuti. In un momento di grande crisi economica come questa, in cui anche lo sport fatica a trovare risorse per promuovere la pratica, soprattutto fra i giovani, non si può gettare la croce addosso a chi si offre (con aiuti concreti, leggi denaro) di portare avanti qualcosa solo per il lavoro che fa o per il contesto in cui opera.
È però certo che le mani del Cocoricò sul vivaio del Rimini Calcio non sono un buon segnale per la società in generale. Che fine hanno fatto in questa vicenda esperienze e competenze specifiche nel settore? Gestire il settore giovanile di un club calcistico è diverso dal portare avanti una discoteca. Coordinare il lavoro di un istruttore/allenatore è assai differente dal dirigere un dj, un barista, una cubista o un buttafuori. Senza poi dimenticare, nel caso specifico, che negli ultimi tempi dal Cocoricò non sono giunti messaggi così positivi, dati gli episodi (spaccio e violenze fisiche) in cui è stato coinvolto e per i quali ha pagato anche con la chiusura temporanea dell'esercizio.
Davvero i soldi, pochi o molti che siano, possono far passare tutto in cavalleria? E con quale stato d'animo una famiglia può affidare il proprio figlio a persone fino a ieri estranee al mondo del calcio? L'episodio merita una riflessione. Serena, ripeto. Perché i processi sommari non servono a nessuno. Men che meno quando si parla della formazione dei nostri giovani.
Gianluca Grassi
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