Il 4 gennaio 1912, a Torino, nasceva il Guerin Sportivo. Che dunque taglia il prestigioso traguardo delle 100 primavere. Un secolo di sport. Ma soprattutto di vita e di cultura del nostro Paese, fotografato e raccontato dalle più grandi firme del giornalismo italiano attraverso le gesta e le imprese dei campioni di ogni disciplina.
Fenomeno editoriale unico nel mondo, quello del mitico "verdolino". Conosciuto, apprezzato, celebrato e perfino studiato a qualsiasi latitudine. E di questa fantastica avventura, almeno negli ultimi 18 anni, ho avuto immeritata parte anch'io. Assunto il 16 maggio 1994 dall'allora direttore Domenico Morace, che alla vigilia dello sfortunato Mondiale sacchiano ebbe l'ardire di pensare al sottoscritto, illustre sconosciuto non ancora trentenne, per sostituire una redattrice dimissionaria, Lorenza Giuliani.
Al Guerino, in realtà, ero entrato come collaboratore un anno prima. Grazie a Marino Bartoletti, all'epoca direttore, che si era lasciato convincere dalle disinteressate quanto accorate pressioni dell'unica persona alla quale devo davvero riconoscenza e gratitudine per avermi di fatto reso possibile la carriera giornalistica: il compianto Romano Romagnoli, proprietario della Trattoria La Mura, a San Lazzaro di Savena (dove la redazione del Guerino era solita darsi appuntamento per il pranzo), e indimenticato presidente del San Lazzaro Calcio. Personaggio inimitabile, spigoloso e al tempo stesso premuroso, tra una gramigna alla salsiccia, una cotoletta e l'imperdibile mascarpone della moglie Iole, il grande Romano (con cui collaboravo da tempo per il giornalino della società sportiva) arrivò scherzosamente a ricattare Marino e il suo vice Marco Montanari: "Se non chiamate Gianluca, non vi do più da mangiare…". E Bartoletti, pur di pranzare finalmente in santa pace, mi concesse una chance. Raccolta, al volo. Ovviamente.
Una raccomandazione di cui ancora oggi vado fiero. Perché da Romano ho ereditato anche la passione per il calcio giovanile e per quel ruolo da dirigente che, chissà, potrebbe rappresentare presto il mio futuro. Il resto è storia. Forse non molto conosciuta ai più, perché al Guerino ho sempre preferito (per volontà mia, beninteso) "volare basso". Evitando di leccare il culo ai direttori, senza mai sgomitare per un pezzo in prima pagina o per una promozione, senza mai pesare più di tanto sull'economia del giornale (le mie "note spese" sono a prova di verifica fiscale, il massimo che mi concedo in trasferta è un cappuccino, senza contare che, pur di essere presente ad avvenimenti che consideravo un arricchimento per il Guerino, sono arrivato a mettere di tasca mia perfino la benzina: anche questo è ben documentato). Ho sempre preferito curare bene le pagine di mia competenza, dalla Serie B alla Serie C, fino a quelle a me più care di calcio giovanile (sezione che Ivan Zazzaroni e Andrea Aloi mi hanno permesso di sviluppare in piena autonomia di idee e contenuti), piuttosto che rincorrere l'intervista con il calciatore di grido o l'inchiesta di copertina. Ho passato e titolato centinaia di pezzi altrui, cercato foto, scritto piccole didascalie: un umile lavoro di desk a cui non mi sono mai sottratto. Ricordo in merito un "cazziatone" di Italo Cucci: "Tu, Luca, sei troppo modesto. Non farai strada". È stato profetico. Da grande direttore qual è. Nel senso che altri colleghi, più furbi di me, hanno lavorato meno ma in modo più mirato. Badando più ai propri interessi che a quelli del giornale. Muovendosi con abile strategia di marketing professionale. Bravi loro.
Io non ho rimpianti. La coscienza è a posto. Ho dato e ricevuto. Al Guerino (e al suo editore, Roberto Amodei) sarò sempre grato per avermi fatto lavorare nel mondo che amo, quello del calcio. Assicurando da vivere a me e alla mia famiglia. E tanto mi basta. Non rimpiango neppure gli ultimi due anni passati in cassa integrazione, complice la tremenda crisi che ha colpito l'editoria e che ha imposto all'Azienda una drastica riduzione degli organici, nonché la trasformazione del Guerino da settimanale a mensile. Due anni che, stando a conteggi che lascio alla mia fidata commercialista e ai miei avvocati, mi sono costati non meno di 30.000 euro netti (che raddoppiano considerando il risparmio in contributi, premi e rimborsi vari). Un castigo severo, un sacrificio "concreto" che voglio sperare abbia contribuito a mantenere in vita la testata. Forse molto di più di tante altre chiacchiere e considerazioni che ho letto e sentito in queste giornate di (doverosa) celebrazione. Lontano dalla redazione ho cercato di arricchirmi professionalmente, ho viaggiato, ho studiato (frequentando perfino il Corso da Team Manager della Figc a Coverciano) e intrapreso alcune piccole attività imprenditoriali. Avrei avuto mille motivi per prendermela con questo e con quello. Non l'ho fatto. Ho preferito rimboccarmi le maniche e agire di conseguenza. Ho imparato da mio padre. Sono figlio, e me ne vanto, di un salumiere che ancora oggi, a 76 anni suonati, alza la saracinesca alle 5 di mattina per riabbassarla alle 8 di sera.
Adesso sono rientrato. Con molto entusiasmo in meno (certe vicende lasciano il segno). Ma mettendoci la professionalità di sempre. Un biglietto da visita che esibisco con orgoglio, a testa alta. E che nessuno può cancellare. Un modo per rispettare il datore di lavoro e anche i lettori. Che ci leggono, che ci comprano e che ci garantiscono da vivere.
Ecco perché, in modo discreto, senza disturbare o oscurare nessuno, celebro anch'io il compleanno della casa in cui, volenti o nolenti, abito. Mura antiche e cariche di gloria che Matteo Marani sta difendendo con le unghie e con denti. Auguri di cuore, caro vecchio Guerino!
Gianluca Grassi
Nessun commento:
Posta un commento