Obiettivo calcio

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giovedì 22 settembre 2011

Campionati giovanili - Una riforma più d'immagine che di sostanza

Nessun dubbio che il calcio giovanile avesse bisogno di una scossa innovatrice. Altrettanto certo che il presidente del Settore Giovanile e Scolastico Figc Gianni Rivera, il coordinatore delle nazionali giovanili Arrigo Sacchi e il presidente del Settore Tecnico Roberto Baggio si siano seduti al tavolo studiando a fondo con i loro collaboratori i migliori rimedi possibili.
A prima vista, il new deal del nostro vivaio appare però il solito pateracchio all'italiana. Con tante ombre e poche luci. Da capire ad esempio perché si sia posticipato alla prossima stagione l'abbassamento di un anno dell'età del campionato Primavera, carrozzone sempre più appesantito e avaro di indicazioni a dispetto dell'apprezzabile sforzo mediatico di Sportitalia che si traduce nelle due dirette televisive del sabato pomeriggio. E perché la divisione in due tornei Allievi, uno riservato alle società di A e B e un altro comprendente tutte quelle di Lega Pro, non sia stata adottata anche per i Giovanissimi. Dove, già dalla prima giornata, sono rispuntati risultati tennistici (per non dire pallavolistici: prego guardare nel girone E il 13-0 rifilato dal Cesena al Gavorrano e il 10-0 della Fiorentina al Foligno) che non depongono a favore dell'innalzamento tecnico della qualità dei massimi giovanili, obiettivo dichiarato della piccola riforma.
E che dire del torbido minestrone degli Allievi Pro? In cui sono state inserite comunque, vai a sapere a quale titolo, società di A e B, ma composte da giocatori di un anno più giovani e rigorosamente fuori classifica. Con esiti talvolta fantozziani: vedi il girone D, tosco-emiliano, in cui domenica scorsa, su sette partite giocate, solo tre erano valide ai fini della graduatoria.
Amesso davvero che un campionato di sole società di A e B migliori in prospettiva la qualità dei nostri giovani calciatori (ci sono parecchi club di Lega Pro che a livello giovanile vantano tradizione di gran lunga superiore alle consorelle cadette), perchè allora non portare la Lega Pro dentro a campionati regionali "qualificati" insieme alle migliori espressioni dilettantistiche? Un risparmio a livello economico e un doppio salto di qualità nella base del movimento: sia regionale (dove ora come ora, detto senza peli sulla lingua, giocano cani e porci) che provinciale (ultimo gradino svilito, neppure lontano parente di quello che un tempo, in senso dispregiativo, si sarebbe definito calcio oratoriale). Il vero problema è che fra A, B, Lega Pro e LND ci si guarda in cagnesco, con sospetto e diffidenza, poco disposti a rinunciare al cortiletto (e al relativo salvadanaio) di casa. Esempio ne sia la surreale coesistenza di Primavera (gestito dalla Lega A), Berretti (egida Lega Pro) e Juniores Nazionale (organizzazione LND): frammentazione che non porta alcun beneficio, ma vallo a spiegare a ciascuna casta. Ognuna esige la sua vetrina (i contributi federali vanno pur spesi, no?).
Se riforma dev'essere, allora, che almeno sia un atto di rottura netta con il passato. E soprattutto un progetto che investa davvero tutto il calcio giovanile, dalla base al vertice. Non un mero cambiamento di facciata e di etichette che poco influisce sul reale contenuto.

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